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da Passaggio di sequenza:

I quarant'anni messi di traverso

Tira un vento gelato dal Carpegna
nel deserto dei vicoli s'accende
il mattone d'Urbino color miele
e camminavo lungo i miei torrioni
posti nella chiaria in mezzo ai monti
senza studenti luce il cotognastro
che De Carlo ha piantato nei suoi orti
qui m'è nota ogni pietra e posso dire
senza guardare tutte le fessure
da dove spunta l'erba che la brina
in questi giorni copre rinsecchita

in quella stanza dove la finestra
s'apre sulla Cesana sconfinata
stesi presso le stufe sui cappotti
piluccando le olive nere e verdi
gli studenti d'allora con le facce
che sanno di cielo appena scorso
e ho parlato loro della mia casa
dove la volpe arriva fin sull'aia
e nella macchia grande tutt'intorno
s'era nascosto un lupo che dal Catria
scampato nel '29 alla gran neve
aveva passato il Furlo e il Petralata
ammazzato le bestie nelle stalle
ma se uno ha nel collo la campana
il lupo non l'afferra e scappa via

mite gennaio quest'anno che riporta
come da sempre i volti sulle strade
passano con i cappelli a falde larghe
i calzoni di pelle e le ragazze
hanno la minigonna gli stivali
con le fasce sopra colorate
una rideva la sciarpa il vento tende
addossata a un pilastro tra i portali
e avrei voluto prenderla per mano
così come in un film d'anni sessanta
e staccarla dagli altri che non amo
dagli agili ragazzi pronti al riso
per scendere con lei sullo stradino
ch'entra dentro la macchia ai Cappuccini

solo due anni fa l'avrei seguita
per sedermi al suo tavolo bastava
che lei per un istante stesse sola
e molte storie dentro di me avevo
che poi la voce accorta raccontava
lungo le scale dentro nei portoni
dove l'orto prepara la campagna
avremmo fatto l'amore contro un muro
quando la notte cessa e viene fuori
il chiaro con la brina tutt'intorno

in qualche notte ghiaccia ancora vado
sopra il Metauro e lungo i suoi casali
parlo con la ragazza che m'è a finco
ostinato ritento la vicenda
è quest'età di mezzo che m'estranea
al tuo silenzio scuro e trasognato
ch'oggi l'adolescente porta insieme
con i monili sciolti sulle spalle
ma chi per il suo tempo m'assomiglia
s'è già tolto alla piena e vive
dentro tepidi spazi rinserrato

miei quarant'anni messi di traverso
che un eros ostinato affatica
la vita è un pomo rosso e mi dispiace
che ad ogni morso un poco s'assottiglia

ultimi gennaio 1983




Quando l'ottobre lento trascolora

è come il mosto dolce che le vespe
coprono fitte e ingorde dentro il fumo
tenue d' ottobre ch 'entra nelle stalle
il sole ch'ha oscurato qui la bacca
del biancospino è viola ormai la polpa
là sopra il cono d'erbe dove cessa
questo delle Cesane il piu bel monte
sotto lo spino bianco il seno nudo
gode gli odori tiepidi nell 'aria
caldo è il mio bianco sangue fra gli umori

scesi con il crepuscolo tra i rovi
fummo dentro un sentiero colmo d'erbe
e la cicoria ancora s'alza azzurra
dentro la guazza nel mese non suo
l'ombra era scesa lunga sul maggese
alto ormai nella notte e rilevato
vede la Grazia il segno e gli gravava
sempre fino dagli anni in cui soleva
stringere dentro il nastro i suoi capelli
feci cenno col capo solo ho detto
ch'ho sentito talora tra le volte
verso quest'ora un suono dolce e chiaro

bastonavamo il noce ch'era notte
e mentre cade s'apre il mallo scuro
dice non lo ricorda - certo mai le lunghe
mani ha intriso nel suo verde
e scrosciavano i colpi dentro l'erbe
si perdevano i gusci nello scuro
solo il tuo riso scese fino ai greppi

un po' più tardi in mezzo alla radura
dentro il sentiero d' erbe che ci passa
s'accesero i cespugli con i canti
prima un trillo leggero che poi scroscia
e per la macchia fitta si risponde

le ciliegie di mare ancora gialle
ottobre le ha striate di vario rosso
scendono dal corbezzolo coi gambi
lunghi che il vento muove sopra l’onde
una che l'ho sospesa alle tue labbra
e ci baciamo dentro la sua polpa

ero tornato con mia madre dove
si torce la vitalba fin sui rovi
questa macchia è la mia qui ho ricercato
il fungo ch'è tra i carpini sottile
quando con la mia nonna ci s'alzava
verso le quattro l'erba che fumava
ma lei più nulla scorge dalla casa
scialbata e bianca dove è andata a stare

non gli sfuggiva una noce dentro l'erbe
e non perdeva un nido tra le canne
superati da tempo i novant'anni
quasi tutta la vista gli si è spenta

con le feste dei morti a fine ottobre
piu volte allora scesi nella Torre
scorre sul vetro chiara la Cesana
lo scotano che segna il nostro autunno
dentro tutte le macchie oltre i lubàchi
dalle querce trapela rosso acceso
per la mia casa persa oltre la costa
da dove scendi parte uno stradino
lungo che giu precipita col fosso
ora nell'aria il sorbo odora quasi
come i suoi frutti dentro la mia stanza

scende quieta la luce alle Cesane
solo da qualche parte il cielo è acceso
s'alza a quest'ora sempre un po' di bruma
quando l’ottobre lento trascolora
nei fumi grigio scuri di novembre
Urbino nella conca ha pochi lumi
passa dentro la notte e il temporale
ch' oltre quei monti lontano s’addensa
è questo tempo oscuro che lo cerchia
e dagli spazi vari ci minaccia
resta solo il profilo della grazia
l'acqua del fosso che più fresca odora

metà ottobre 1983

 
 
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