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da L'uomo delle Cesane:

Lo stradino che scendeva da mia nonna era lunghissimo e un po' scuro, costeggiato dagli aceri e dagli olmi.
Precipitava giù insieme al fosso: l'acqua non la vedevi mai e si sentiva con un rumore a cerchi che poi si spezza e scende di nuovo a cerchi. C'erano felci fitte e foglie grandi a lancia o a cuore ed anche un sorbo rosso con gli odori che intridevano l'aria quand'è azzurra.
Mio padre procedeva zitto dopo avermi sbucciato 1'olmo. Io camminavo avanti ed ogni tanto battevo il ramo a terra, un po' per le bisce, un po' perchè mi dava gusto.
La casa piccola e coi mattoni biondi era in mezzo a tutti campi coltivati: c' era solo una striscia verde con i noci chiari, inerpicati a metà costa. Pendevano sul prato e indicavano la fine della macchia fitta che tutt'intorno, anche dalla piana delle Selve, cerchiava il podere sperduto della nonna.
Era dicembre con un resto di sole tra nubi e fosso. Il cielo oscuro s'era acceso di tratti rossi, ma la luce durò poco, l'aria da neve, sempre più cupa: e subito fece notte.
La cucina era sporca: di fuliggine nera, di malta negli orci. La vacca strideva come un cristiano.
Madio aveva la barba rossa e una benda; era un po' come Cristo con i capelli rossi e l'occhio chiaro, d'un celeste ceruleo: aveva un cappello largo e i piedi scalzi. Lui era un Cristo alto coi dolori antichi dei vecchi che sono vecchi da sempre e che tutti hanno visto sempre vecchi.
Quando Madio non era vecchio, ai tempi andati, il mondo era diverso e il diavolo, ancora slegato, se ne andava libero in giro. Diceva Madio che allora l'incontrava spesso, poteva essere un cane, un sasso, un gatto; poteva essere dovunque, dentro ogni cosa. Una volta s'era presentato davanti a casa ed era salito nel biroccio sotto forma d'un cane piccolo e arruffato. Diventava sempre più grosso, e più lo frustava più mandava lampi dal pelo e ringhiava. «Sei il diavolo!» gli aveva detto e tremava. Allora volò via sui campi, oltre Mondolce e il Piano. Madio aveva dormito tre notti steso sulla paglia, l'aveva preso la paura d'entrare in casa. Era stato tre notti e tre giorni senza chiudere un occhio, senza farsi vedere, senza parlare, troppo grande era stato lo spavento. Poi sprofondò
nel sonno; l'aveva svegliato la vacca, leccando sul collo ch'era mattino presto, con il chiaro: questa non è un'ora che piace al diavolo perchè deve stare giù sotto terra, dentro il fuoco e i fumi. (...)
 
 
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