Clicca per ingrandire
da La Stampa 14 aprile 2001:

Piersanti: nella luce perfetta di Urbino la guerra è una lontana, forse redenta ferita

Qual'è il proprio di questo romanzo di Umberto Piersanti, "L'estate dell'altro millennio"? Perchè prende alla lettura nonostante la lentezza del passo e l'impressione del "dejà vu"? Scorriamolo intanto e cerchiamo di afferrarne il respiro segreto. La storia comincia con l'estate del 1939, un cono di luce rovesciata che illumina come un miraggio, e incide come una ferita, tutti gli
anni di guerra. Là un gruppo di ragazzi si preparano inconsapevolmente all'addio di quello che apparirà nel ricordo come un altro millennio, vigilato dalle mura di Urbino, prima che si verifichi una cesura funesta. Ci sono lo studente Marco, perso nei suoi sogni di poesia e d'arte, e l'amico Ettore, che accresce il fascino del seduttore nato con il piglio dell'aspirante eroe: attratti entrambi da Laura, dalla sua rinascimentale venustà ed eleganza. In un' altra cerchia che l'ambisce, sconfinando, la prima, abitano il contadino Franco, pago del suo lavoro e del piacere elementare della caccia, e l'innamorata Maria, che porta nelle fratte la gloria fulva della capigliatura. Ma i corteggiamenti, le feste, le accensioni del sangue, le diverse attese vengono travolte dalla dichiarazione di guerra.
Il tenente Marco e il soldato Franco finiscono in Montenegro, dove si conoscono e affratellano, in un conflitto atroce che si spezza e moltiplica nelle faide balcaniche. Riusciranno a scamparla, a tornare sulle colline marchigiane. E mentre Franco troverà ogni bene negli affetti familiari, rinserrandosi nelle pieghe della terra nativa, Marco cercherà riscatto da una guerra ingiusta e perduta unendosi a una banda partigiana. Ne uscirà turbato e irrimediabilmente ferito. E' convinto e fiero della sua scelta, ma gli pesa di non essere riuscito a salvare da una bbrutale esecuzione un tenente repubblichino di cui rispettava la buona fede (nel ricordo dell'amico Ettore, morto da fascista nel deserto della Marmarica). E dopo la liberazione ha visto Laura, l'irraggiungibile, sfilare con la testa rapata, tra sputi e dileggi, per le strade di Rimini. La bomba atomica sganciata su Hirashima amplifica, a livello planetario, la persuasione di una pace dolorante, lebbrosa.
Ma è tempo di rispondere agli interrogativi posti all'inizio. Dirò allora che mi sembra di avvertire nel libro una resa dei conti con un passato che non vuole passare: da parte di una generazione che non ha vissuto direttamente quegli eventi (Piersanti è nato nel '41) ma ci stava a ridosso. La sua cifra originale sta in un velo di disincanto che certo appartiene a Marco, coscienza giudicante del romanzo, alle sue esperienze drammatiche, ai suoi sogni infranti, alla sua incapacità di riadattamento. Ma appartiene anche all'autore, che rivisita quel passato alla luce di una lunga sedimentazione storica e morale (in cui entrano, insieme a una più controllata e pietosa ricostruzione dei fatti, le recnti guerre nell'ex Jugoslavia). E' una rilettura che si propone finalità "educative", in primo luogo per lo scrivente, nel senso di una sofferta conquista di verità. Si spiegano così anche l'andamento lineare e diretto del racconto (a parte le disgiunzioni e i parallelismi nelle vicenze dei due protagonisti) e una certa minuzia nella resa della cornice storica.
Ma "L'estate dell'altro millennio" conserva anche l'eco e il sapore dialettale, di un racconto a veglia, di un'ultima veglia d'antan. Mi sembra cioè che intenda raccogliere ed esaltare le memorie di una famiglia e di una comunità, storie vissute e sentite dire, consegnate alla riflessione di tutti. Che si tratti di un lascito, di un deposito importante lo rivelano anche le poesie di Piersanti, nelle cui lasse scabre capita di trovare qualche riscontro al nostro romanzo (quella donna che aspetta il marito soldato e sembra atteggiarsi nelle mosse di Maria: "madre ch'eri fra tutte la più gentile - persa con le tue amiche in fondo al fosso - lunga la treccia sul tuo corpo snello - scende fino alla vita."). E c'è soprattutto la presenza vissuta di un paesaggio solido e netto, animato di alberi, bestie, pietre che Piersanti nomina con la sapienza dello studio e del cuore. A questo sfondo, carezzato dalla luce calma di Piero della Francesca, irraggiato dalla perfezione di Urbino, è affidato il riparo estremo alle insensatezze della Storia.

Lorenzo Mondo

 
 
< Home >.. < Poetry > ..< Novels > ..< Critical Essays >...< TV> ..< Biography > ..< Press > ..
 
 
© Umberto Piersanti - Powered by Visystem
Best view I.E. 800 x 600

Home Page