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Un cammino incespicante: "Nel folto dei sentieri" di Piersanti
di Davide Valtolina - LABALENABIANCA.COM


Nel folto dei sentieri – titolo dell’ultima raccolta di versi di Umberto Piersanti – può riferirsi tanto alla terra marchigiana quanto allo spazio, al pari dolce e sconnesso, selvatico e folgorante, della memoria. La dorsale costituiva del libro è infatti il recupero del tempo, anche improvviso e privo di volizione. I testi si compongono per lo più sui riflussi del passato che emerge e porta in primo piano il vissuto privato del poeta, colto sotto una luce nostalgica («ah, potere rientrare | dentro la foto…», p. 105) che dilata il confronto con i «tempi nuovi» (p. 11).

Tutta la silloge è segnata dal senso del tempo che passa, inesorabile, disfacendo una condizione umana che soltanto la memoria può provare a comporre di nuovo. Questo sembra il valore primigenio del ricordo rispetto alla «fuga dei giorni | che mai ha tregua» (p. 151) e che minaccia una sconnessione nelle cose. Ciò comporta un incespicare, un’incertezza che si fa anche distanza dagli uomini e produce una sensazione di lucida solitudine e mancata appartenenza («io non gioco mai, | in ogni gioco | sto sul bordo del campo», p. 184). Per questa ragione il ricordo tende a ripiegare in chiave protettiva e racchiudersi nell’ambito familiare, coinvolgendo – per instaurare uno scambio vero, pure retrospettivo – alcune delle figure più vicine: il padre, la madre, la sorella. Anche il presente traccia il tentativo di un dialogo ristretto, ostico, specialmente con il figlio Jacopo, autistico, che «abita una contrada | senza erbe e fiori» (p. 138) e che è, per certi versi, deuteragonista del libro.

Questa attitudine esistenziale si lega, sul piano testuale, a unandamento piano e discorsivo, con le sequenze narrative, per lo più emerse da un tempo ormai dissolto, che si compenetrano in maniera fluida ai movimenti ragionativi (ancora più chiari in certi attacchi, dove il pensiero è colto nel suo schiudersi); la continuità del discorso è rafforzata anche dall’assenza di punti fermi, dalle ripetizioni foniche e dalle riprese semantiche che a volte sembrano persino rimandare a modalità proprie della dizione orale. Dimensione che trova del resto la sua massima forza nel poemetto Aspettando l’inverno (su per la gola del Furlo) – nato come «canto orale», dice in una nota introduttiva lo stesso Piersanti – in cui il richiamo alla natura diviene più pregante, insieme all’evocazione del ciclo di vita e morte, e si accompagna a bozzetti di vita rurale che portano in scena le figure verosimilmente più distanti dai «tempi nuovi» (p. 11), come il pastore o il contadino.

La presenza pervasiva della natura si dispiega nelle pagine del libro in modo continuo e stratificato, con l’esplicitazione costante dei nomi delle piante e degli animali che popolano il paesaggio delle Marche entro cui è inscritta l’esperienza illustrata dai versi. Qui si rinviene il senso letterale del titolo della raccolta: Nel folto dei sentieri è proprio dove il poeta si cala nella realtà, in un tentativo di assimilazione e scioglimento delle cure della vita di tutti i giorni. Questa tensione finisce per intersecare i diversi piani dell’esistenza, come in Nell’acqua delle terme:

remota primavera
fatta eterna,
nella corsa degli anni
persa e oscurata,
ma poi ritorna,
a tratti,
e non sai come

(p. 210)

Come appare nel passo appena riportato, la natura ha anche una funzione contrastiva e sottolinea, agli occhi del poeta, la finitezza dell’essere umano, già solo con la sua ricchezza, la proliferazione delle forme e dei colori. Una compattissima tessitura cromatica innerva d’altronde tutta la raccolta, sia sul piano referenziale che su quello metaforico («riso bruno», p. 44, «riso biondo», p. 85): la percezione è anzitutto visiva.

Nel complesso, però, la scrittura appare troppo fioca, dolciastra: incapace di scardinare l’ancoraggio al vissuto personale con il suo dispiegamento uniforme e privo di increspature. Non riesce a spezzare il senso di fatica nemmeno la presenza variata della natura, anzi la sua pervasività finisce per sfociare in un moto di ripetizione. Il camminoNel folto dei sentieri – reali, esistenziali e mnemonici – rimane chiuso all’interno di un perimetro circoscritto, che si rivela invalicabile


 
 
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