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Diario 9
marzo 2007:
Dialogo tra passato e futuro
Un disilluso intellettuale cinquantenne incontra una sguaiata
ventenne
Solo chi non
conosce Umberto Piersanti, il poeta di Luoghi persi,
che l’Einaudi pubblicò nel 1994, sarà
rimasto sorpreso da questo suo terzo romanzo, Olimpo.
In quella raccolta, si trova una poesia intitolata L’isola,
dove mi piacerebbe ravvisare le premesse di questo libro.
Intanto, un rispetto e un amore per la Natura restituita –
solo per la nostra gioia – in ogni sua fibrillazione
e accento, al punto di più alta precisione linguistica:
Ricordi il mirto fitto, tra le boscaglie/ bianchissimo
e odoroso. Poi, il quid d’un resistente
e aggiornatissimo stilnovismo, nella consapevolezza che, senza
il dialogo con la donna, non possa dare, per alcun uomo, compiutezza
di destino: Scendevi alta per lo stradino polveroso /
antica come le ragazze/ che portarono i panni alle fontane/
la tua carne era bruna come la loro. Quindi, il movimento
immobile che direi di certi quadri di Böklin, se fosse
possibile, quei quadri, sottrarli a quanto di marmoreo e definitivo
li impetra: Più non so il luogo dell’imbarco
/ come salimmo nel battello. Infine il ricadimento del
limite, che è quello dell’umano in quanto tale:
Seppi così che il tempo era finito/ che tra gli
dei si vive/ un giorno solo.
Olimpo combina tutti questi ingredienti insieme: e vale come
il tentativo d’un singolare dialogo tra antico –
se non arcaico – e contemporaneo: eludendo con successo,
e miracolosa leggerezza, ciò che rischiava di provocare
violento cozzo. Non dimentichiamo che, per evitare quel cozzo,
c’è stato chi – bontà sua –
ha tagliato l’Iliade e l’ha riscritta
diventandone – bontà sua – il legittimo
autore. Luca è un intellettuale «riformista»,
di lunga militanza e di molte delusioni, che ha superato i
cinquant’anni, disincantato e signore del suo lessico.
Elisa, al contrario, è una ventenne sicura di sé,
sguaiata come tutti i suoi coetanei – così sulla
favola olimpica che Luca gli racconterà: «Finisce
un po’ cosi, alla cazzo di cane. Comunque mi sono divertita»,
un po’ no-global col mito di Agnolotto e Cesarini, e
una radio gracchiante sempre in mano. Non hanno quasi niente
in comune: ma hanno deciso di regalarsi tempo e possedersi
nel corpo, attraversando un paesaggio che, dal lago Trasimeno,
arriva alla campagna di Cagli, passando per Frontone, quello
che Piersanti, georgico naturale, rivisita con la consueta
intensità sensoriale.
Sarà da una casa in fondo al fosso, in un’estate
dentro cui si intrasente l’autunno, che Luca comincia
a raccontare una storia mentre Elisa si dispone docilmente
all’ascolto. La storia di Anticlo e Laodoco: per motivi
diversi ansiosi di raggiungere l’Olimpo. Lasciamo stare
come andrà a finire: è un’altra la verità
che vale. Questa: tra gli dei, forse, non si può vivere
neanche un solo giorno. E l’Olimpo, magari, solo il
limite dell’ideale: guai,però, se non lo si potesse
immaginare. Non importa che la vita abbia un senso: di più
conta la promessa di quel senso, per adempirvi come a un giuramento.
Non è degli umani la perfezione. Ma possiamo accontentarci
del riverbero: «Forse basta questo stringere la testa
contro il seno, baciare i capezzoli tesi, scorrere con la
mano fino al ventre. Ma quando si sente la braccia intorno
al collo, gli entra dentro piano, con ansia e sgomento. Le
foglie di bardana smisurate, lo strisciano sui fianchi e sulla
nuca».
Massimo
Onofri
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