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da Cupo tempo gentile:

cap. 9, pagg. 40 - 42



Luisa gli stava morbidamente appoggiata sul petto: lui guardava in alto, quelle stelle enormi. E non importava il sangue e i dolore, magari anche quello provocato dalla rivoluzione: il canto era una festa, prometteva un tempo nuovo e felice da conquistare attraverso lotte dure e sanguinose ma vissute come una corsa spensierata, come una festa tra amici.
“La rivoluzione” bisbigliava Luisa più a se stessa che a lui “c’è solo la rivoluzione per cambiare il mondo”.
Enrico che sedeva un po’ lontano, si avvicinò ai due.
“Bella questa notte, è la notte  prima della rivoluzione”.
“Sei ottimista”.
“No, ha ragione, la rivoluzione è vicina, lo sento” Luisa era entusiasta.
“Sai, io non credo ai sensitivi”.
E poi ad Andrea venne voglia di sfrucullare un po’ Enrico: certo, tutto così perfetto, ma anche tutto così vero?
“Tu che parli sempre di diritti umani, personali e così via: e come la mettiamo con la Cina che manda al confino, insomma in un lager, per nove anni le donne che hanno avuto rapporti con uno straniero e con Cuba che rinchiude gli omosessuali nei campi di lavoro forzato?”
“Partono da altre storie, risentono di antiche tradizioni, ancestrali e reazionarie”.
“Ma Castro, Castro il mondo lo conosce e dovrebbe essere libero dalle tradizioni di cui parli, perché fa queste cose?”
“Non lo so, ma forse il Che se ne è andato e ha fatto quella morte atroce per sfuggire alla mediocrità quotidiana di una rivoluzione ormai vittoriosa”.
“Forse, ma intanto a Cuba gli omosessuali stanno rinchiusi nei campi di lavoro forzato”.
“Ma queste sono cazzate, il problema vero è lo sfruttamento della classe operaia e questo sfruttamento in Cina e a Cuba non c’è più” intervenne Gianni nel suo modo risoluto: steso lì vicino aveva sentito i loro discorsi.
E il ragazzo di Pergola riprese a suonare: c’era stata una breve sosta e allora il canto dei grilli s’era levato imponente, riempiva le valli, i campi, entrava in ogni anfratto, anche tra gli scalini ricoperti d’erba delle vecchie case.
“Cantate, cantate tutti e tutti in piedi” gridava Cavani.
E allora tutti si alzarono e si misero a cantare, quelli bravi e quelli stonati: e il canto scendeva piano e felice giù per i campi, si mescolava a  quello dei grilli e di qualche cicala insonne. E dietro la vecchia casa, la seconda baita, adesso venivano fuori le lucciole, salivano su per il greppo, si incrociavano tra ceppi e tronchi.
E Andrea cantava convinto, stringendo forte la mano di Luisa: mai come in quella notte natura e rivoluzione così unite e pacificate.

 
 
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