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Campi d'ostinato amore:
Campi d’ostinato amore
I cori che vanno eterni
tra la terra e il cielo,
ma tu li ascolti
Jacopo quei cori?
ho visto
il falco in volo
con la serpe
trafitta nella gola
dai curvi artigli,
l’estremo pigolio dell’uccelletto
che la biscia verdastra
afferra e ingoia,
tra i rami non s’aggirano
le ninfe,
un giorno le incontrai
in remoti boschi,
l’assurdo poco oscura
nevi e foglie
non scolora i bei crochi
nei greppi folti,
ma il tuo male
figlio delicato,
quel pianto che non sai
se riso, stridulo
che la gola t’afferra
più d’ogni artiglio,
questa bella famiglia
d’erbe e animali
fa cupa
e senza senso
e dolorosa
siamo scesi un giorno
nei greppi folti,
abbiamo colto more
tra gli spini,
ora tu stai rinchiuso
nelle stanze
e il mio ginocchio che si piega
e cede
a quei campi amati,
d’un amore ostinato,
sbarra l’entrata
aspetto i favagelli
del febbraio,
tiepidi contro il gelo
sbucare fuori
Febbraio 2017
Tra spini e rovi
come il capriolo che s’imbosca
dove la macchia è più folta
tra spini e rovi,
è passato il lupo
non distante
proprio dietro la quercia
grande, e l’odore
e l’urlo sono ancora
dentro l’aria
fatta nera e spessa,
anche se maggio,
il mese più gonfio e verde
nel caprifoglio splende
e del cisto riluce
sul largo fiore,
del bosco cerchi l’anfratto
più scuro e riparato
e spini e rovi
ti fanno scudo
contro chi vaga intorno
e ti minaccia
Maggio 2019
La pula
padre, ieri
ero tra edifici immensi,
immensi e fitti
e le persone come la pula
che alla battitura
si dissolve infinita
dentro l’aria,
e pensavo a te,
negli anni venti,
contadino-soldato mandato
là, nella Milano sconfinata
di macchine e calessi,
di vetrine rilucenti,
tu che il mare
non hai mai toccato,
lo intravedi appena
dal monte della Conserva
sulla Cesana alta,
così lontano,
non sai dove finisce l’acqua
e comincia il cielo,
e come te
m’aggiro
estraneo e perso
dentro il mondo nuovo
ma tua avevi vent’anni,
a Che’Spasso o Camorciano
t’aspetta una ragazza,
una da raccontargli
tutto del mondo nuovo,
un mondo da non credere
per chi sta nei campi
altri sono i miei anni,
come quelli dei vecchi
che sanno storie,
oggi le storie
i giovani le hanno
scritte su vetri
con la pelle confusi
dentro le mani
in un tempo remoto
ho guardato con te
la pula salire in aria,
ora la vedo
che dal fosso sconfina,
non la ferma il Catria
neppure il mare,
questi edifici immensi
attornia e stringe,
continua il suo cammino
e mai s’arresta
Luglio 2019
Nota bibliografica:
Umberto Piersanti è nato a Urbino nel 1941, dove tuttora vive e insegna. Ha pubblicato numerose raccolte poetiche (I luoghi persi, Einaudi 1994, Nel tempo che precede, Einaudi 2002, L’albero delle nebbie, Einaudi 2008 e Nel folto dei sentieri, Marcos y Marcos 2015), saggi e opere di narrativa ( L’uomo delle Cesane, Camunia 1994, L’estate dell’altro millennio, Marsilio 2001, Olimpo, Avagliano 2006, Cupo tempo gentile, Marcos y Marcos 2012 ); è anche autore di film ( L’età breve, 1969-1970, Sulle Cesane, 1982, Ritorno d’autunno e Un’altra estate, 1988 ).
Tutte le raccolte precedenti le tre sillogi edite dalla Einaudi sono uscite in un unico volume dal titolo Tra alberi e vicende, Archinto 2009.
La sua opera più recente è un libro di racconti, Anime perse, Marcos y Marcos 2018.
Dal 2016 è Presidente del Centro Mondiale di poesia Giacomo Leopardi di Recanati.
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